Pervengono quesiti in ordine al comportamento da tenere nei confronti dei lavoratori, ad esempio nelle ipotesi di contatto con persone che sono risultate positive al COVID19 (es., colleghi di lavoro del lavoratore risultato positivo) ovvero che sono entrate a contatto (anche come conviventi) con persone a loro volta entrate in contatto con persone positive al COVID19 (è il caso, ad esempio, dei conviventi del lavoratore in quarantena per essere contatto stretto del collega risultato positivo al COVID19).

In questi ed in altri casi similari occorre seguire, ovviamente, esclusivamente le indicazioni del medico di base e delle autorità sanitarie, senza adottare misure che potrebbero anche influire negativamente sui percorsi definiti dalle autorità sanitarie. Appare ovviamente essenziale il concorso del medico competente.

È altresì utile conoscere quale uso verrà fatto dei tamponi e quale sarà il percorso delle quarantene e degli isolamenti, anche al fine di programmare il rientro del lavoratore, tenendo conto della previsione del Protocollo del 14 marzo 2020, che disciplina le modalità del rientro in azienda del lavoratore risultato positivo al COVID19.

A questo proposito, evidenziamo alcuni recenti documenti ufficiali ai quali fare riferimento, anche solamente per conoscere quali sono le iniziative ed i percorsi che saranno adottate dalle autorità sanitarie.

In primo luogo, appare utile richiamare innanzitutto il Messaggio dell’Inps n. 3653 del 9 ottobre 2020, che consente di operare la distinzione tra quarantena (che sussiste nelle ipotesi previste dall’art. 26, comma 1, del DL n. 18/2020[1] ) e malattia (che sussiste nell’ipotesi prevista dall’art. 26, comma 6[2]).

La quarantena è prevista nelle quattro ipotesi previste dall’art. 26, comma 1 del DL n. 18/2020:

Art. 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13:

“h) applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva;

“i) previsione dell’obbligo da parte degli individui che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico”

Art. 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19

d) applicazione della misura della quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano;

“e) divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena, applicata dal sindaco quale autorità sanitaria locale, perché risultate positive al virus”

A questo proposito, si richiama la circolare del Ministero della salute del 12 ottobre 2020 (che verrà commentata a breve) dove evidenzia che la quarantena “si riferisce alla restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione”.

Il secondo elemento utile è la declinazione delle ipotesi di “caso” e di “contatto”, che può essere rinvenuta nel Rapporto ISS COVID-19 n. 53/2020 – Guida per la ricerca e gestione dei contatti (contact tracing) dei casi di COVID-19. Versione del 25 giugno 2020

In estrema sintesi, occorre distinguere tra “caso” (sospetto, probabile, confermato) e “contatti” (stretto o casuale) secondo le seguenti schematiche indicazioni:

CASO SOSPETTOUna persona con infezione respiratoria acuta (insorgenza improvvisa di almeno uno tra i seguenti segni e sintomi: febbre, tosse e dispnea) senza un’altra eziologia che spieghi pienamente la presentazione clinica storia di viaggi o residenza in un Paese/area in cui è segnalata trasmissione locale durante i 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi;
 Una persona con una qualsiasi infezione respiratoria acuta che è stata a stretto contatto con un caso probabile o confermato di COVID-19 nei 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi;
 Una persona con infezione respiratoria acuta grave (febbre e almeno un segno/sintomo di malattia respiratoria – es. tosse, dispnea) che richieda il ricovero ospedaliero (Severe Acute Respiratory Infection, SARI) senza un’altra eziologia che spieghi pienamente la presentazione clinica.
CASO PROBABILEUn caso sospetto il cui risultato del test per SARS-CoV-2 è dubbio o inconcludente utilizzando protocolli specifici di Real Time PCR per SARS-CoV-2 presso i Laboratori di Riferimento Regionali individuati o è positivo utilizzando un test pan-coronavirus.
CASO CONFERMATOUn caso con una conferma di laboratorio per infezione da SARS-CoV-2, effettuata presso il laboratorio di riferimento nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità o da laboratori Regionali di Riferimento, indipendentemente dai segni e dai sintomi clinici.

CONTATTO – DEFINIZIONEUn contatto di un caso COVID-19 è qualsiasi persona esposta ad un caso probabile o confermato di COVID-19 in un lasso di tempo che va da 48 ore prima a 14 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi nel caso (o fino al momento della diagnosi e dell’isolamento). Se il caso non presenta sintomi, si definisce contatto una persona esposta da 48 ore prima fino a 14 giorni dopo la raccolta del campione positivo del caso (o fino al momento della diagnosi e dell’isolamento) (10).
CONTATTO STRETTOuna persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (es. la stretta di mano)una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (es. toccare a mani nude fazzoletti di carta usati)una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minutiuna persona che si è trovata in un ambiente chiuso (es. aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19, in assenza di DPI idoneiun operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idoneiuna persona che ha viaggiato seduta in treno, aereo o qualsiasi altro mezzo di trasporto entro due posti in qualsiasi direzione rispetto a un caso COVID-19; sono contatti stretti anche i compagni di viaggio e il personale addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto.
CONTATTO CASUALEQualsiasi persona esposta al caso, che non soddisfa i criteri per un contatto stretto.


È quindi utile aver presenti le definizioni fondamentali ed il trattamento dei casi, individuabili nella recente circolare del Ministero della salute “COVID-19: indicazioni per la durata ed il termine dell’isolamento e della quarantena.”

Rinviando ovviamente alla lettura della circolare, si possono evidenziare le definizioni delle differenti situazioni nelle quali si può venire a trovare la persona e i conseguenti comportamenti delle autorità sanitarie.

La circolare del Ministero della salute conferma che i lavoratori in quarantena sono “sani” ma che potrebbero evidenziare la comparsa di sintomi (nel qual caso diverrebbero malati).

Da ultimo, si evidenzia che la Circolare raccomanda, tra l’altro, di “non prevedere quarantena né l’esecuzione di test diagnostici nei contatti stretti di contatti stretti di caso (ovvero non vi sia stato nessun contatto diretto con il caso confermato), a meno che il contatto stretto del caso non risulti successivamente positivo ad eventuali test diagnostici o nel caso in cui, in base al giudizio delle autorità sanitarie, si renda opportuno uno screening di comunità

Alcuni casi concreti, sulla base anche dei quesiti pervenuti, riferibili alla raccomandazione contenuta nella circolare:

Appare poi utile conoscere come gli organi sanitari gestiranno l’uso dei tamponi, relativamente ai differenti casi sopra evidenziati. Le indicazioni sono reperibili nella nota tecnica dell’ISS “Test di laboratorio per SARS-CoV-2 e loro uso in sanità pubblica”.

In particolare, la nota tecnica evidenzia che “la persona in attesa del risultato del test deve essere posta in quarantena. Se il risultato del test è positivo il Dipartimento di Prevenzione prescriverà l’isolamento alla persona interessata e la quarantena ai contatti stretti”.

Questa indicazione sembra risolvere una parte delle questioni interpretative relative alla condizione del lavoratore nel periodo di attesa del tampone.

Il documento è completato da una tabella sinottica che raccorda le ipotesi di “caso” e “contatto” con il tipo di tampone da prescrivere e dalla rappresentazione delle finalità dei tamponi molecolareantigenico rapido e sierologico.

Altrettanto utile, al fine di conoscere la gestione dei casi anche dal punto di vista dei tempi della quarantena rispetto all’evoluzione della situazione della persona in quarantena, è una recente circolare della Regione Lombardia “Aggiornamento delle indicazioni per la durata dell’isolamento e della quarantena dei casi confermati di Covid-19 e contatti stretti di casi confermati; utilizzo dei test diagnostici

Da ultimo, si ricorda che il Protocollo del 24 aprile 2020, in tema di sorveglianza sanitaria, prevede che “per il  reintegro  progressivo  di  lavoratori  dopo  l’infezione  da COVID19,  il  medico  competente, previa  presentazione  di  certificazione  di  avvenuta  negativizzazione  del  tampone  secondo  le modalità previste e rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza, effettua la visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione”. (D.lgs. 81/08 e s.m.i, art. 41, c. 2 lett. e-ter), anche per valutare profili specifici di rischiosità e comunque indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia

Si evidenzia, quindi, che le modalità per il rilascio della avvenuta negativizzazione sono da riferirsi alle più recenti indicazioni contenute nelle circolari del Ministero della salute.


[1]Il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria  con  sorveglianza  attiva  di  cui all'articolo 1, comma 2, lettere  h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  5 marzo 2020, n. 13, e di cui all'articolo 1, comma 2,  lettere  d)  ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”. 
[2] “Qualora il lavoratore si trovi in malattia accertata da COVID-19”
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